Calciomercato, Mendieta e i suoi fratelli: i peggiori flop del campionato italiano

CALCIOMERCATO MENDIETA QUARESMA FLOP CAMPIONATO ITALIANO/ ROMA – Il mercato è il vero sale del calcio: affascina, appassiona, regala emozioni ai tifosi, fa palpitare i presidenti e arricchire i procuratori. Fin quando il colpo va a buon fine, nulla di grave: i problemi però, arrivano quando il campione strapagato, specialmente se straniero, non riesce a ripagare le attese. E di storie così, il campionato italiano ne è pieno.

IL PIONIERE BLISSETT – In principio fu Luther Blissett, attaccante giamaicano pagato a peso d’oro nel 1983 dall’allora presidente del Milan Farina: arrivato in Italia fresco di titolo di capocannoniere conquistato in Premier con la maglia del Watford, in rossonero non riesce ad esprimersi, andando a segno solo 5 volte in 30 apparizioni. E’ lui il pioniere del termine ‘bidone’ – coniato negli anni ’80 proprio per indicare quei calciatori stranieri che tradiscono le attese sul campo – che entra a far parte dell’immaginario collettivo e ispirerà, negli ‘eighties’, anche diverse pellicole cinematografiche.

MENDIETA RE DEI FLOP – Un metro di giudizio per affibbiare ad un calciatore l’epiteto di ‘bidone’ può essere tranquillamente il rapporto tra il prezzo pagato dalla società per assicurarselo e il rendimento avuto in campo. Da questo punto di vista, lo scettro del peggior flop italiano non può non andare a Gaizka Mendieta, incubo ricorrente nelle notti dei tifosi laziali. Nell’estate del 2001, il patron biancoceleste Cragnotti decise di spendere tutti i soldi incassati dalla cessione di Nedved alla Juve (circa 80 miliardi delle vecchie lire) per portare a Roma il miglior centrocampista sulla piazza. Mendieta, il perno del Valencia due volte finalista diChampions League, fu strappato agli spagnoli per 48 mln di euro: mai cifra fu spesa peggio. Il ‘rubio’ visto all’Olimpico fu solo la fotocopia sbiadita del regista che incantava mezza Europa: svenduto al Barcellona, non riuscì più a riprendersi dall’esperienza capitolina.

ROMA CAPOCCIONA – Spostandosi da una sponda all’altra del Tevere, le cose non migliorano più di tanto. Se in casa giallorossa il ricordo di Dahlin (attaccante svedese di colore di cui si sono perse le tracce) appare sbiadito, quello di Gustavo Bartlet è ancora nitido. Sensi assecondò la volontà di Zeman che vedeva nell’argentino del Lanus la fotocopia di Batistuta: peccato che per vincere qualcosa, i tifosi dovettero aspettare l’originale, che due anni dopo regalò uno scudetto da favola. Eredi naturali di Bartlet quel Mido, acquistato quando Capello chiedeva “l’attaccante dell’Ajax” che rispondeva al nome di Ibrahimovic e non del compagno di squadra egiziano ribattezzato ‘Il Kebabbaro’, e Julio Baptista, la ‘Bestia’ preferita dal ds Pradèa Milito che sarà ricordato solo per un gol al derby. Per non parlare di Adriano, osannato da migliaia di tifosi il giorno della sua presentazione allo stadio Flaminio nonostante quei chili in più che non riuscì a togliere nemmeno in un’intera stagione.

INTER MAESTRA DI MERCATO – C’è chi sbaglia un colpo ogni vent’anni e chi invece, soprattutto per generosità, ne sbaglia troppi nel giro di poco tempo. All’Inter, di bidoni, ne hanno conosciuti in serie. Difficile dimenticare Darko Pancev, il bomber macedone della Stella Rossa campione d’Europa e del mondo, soprannominato ‘Il cobra’ al suo arrivo e rispedito al mittente, dopo la miseria di 3 gol in 19 partite, col nomignolo di ‘Ramarro’. Su Bergkamp e i perché e i percome non abbia mai funzionato in nerazzurro è stato scritto di tutto, senza mai arrivare ad una conclusione, su gente come Vampeta, Hakan Sukur, Farinosmeglio soprassedere, ma su Quaresma, il dubbio sorge spontaneo. Il maestro della ‘trivela’ (colpo con l’esterno mai visto a San Siro) non valeva i 25 milioni che l’Inter versò nelle casse del Porto per regalare un suo fedele scudiero al neo-tecnico Mourinho. Che con lui vinse un campionato, senza una Coppa dei Campioni.

FLOP BIANCONERI – Non è esente da errori nemmeno la Juventus, squadra storicamente molto attenta alle strategie di mercato. Andò male il colpo Ian Rush, bombardiere inarrestabile al Liverpool ma giocatore mediocre in bianconero, e con i recenti Diego e Felipe Melo, costati alla dirigenza 50 milioni in due e ai tifosi tanti dolori di stomaco. Imperdonabile la vicenda Henry, acquistato nel gennaio del ’99 per la Juve diAncelotti che annaspava in campionato: in sei mesi, il buon Carlo lo utilizzò da esterno e in estate avallò la cessione all’Arsenal, senza immaginare che di lì a poco, sarebbe diventato il più grande cannoniere della storia dei gunners.

Silvio Frantellizzi

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