PROMESSE NON MANTENUTE ABEL XAVIER / ROMA – La forma più della sostanza. Questo riassume il concetto legato all’immagine, più che al giocatore, di Abel Luis da Silva Costa Xavier, noto più semplicemente come Abel Xavier. Giocatore che resta impresso nella mente, non già per meriti sportivi e grandi prestazioni sul campo, bensì per quella inconfondibile pettinatura, seconda solo ai lunghi riccioli fini del colombiano Carlos Valderrama. L’acconciatura discutibile, come detto, resta l’unico segno riconducibile a questo giocatore che ha disputato non più di undici partite nel campionato italiano, per di più con due maglie diverse a distanza di nove anni l’una dall’altra. I tifosi di Bari e Roma hanno ancora i brividi e non certo per gol da cineteca.
GLI INIZI – Nato a Nampula, in Mozambico, il 30 novembre 1972, Abel Xavier passa la sua infanzia nella patria adottiva: il Portogallo. Lì coltiva la passione per il calcio. Uno sport, un gioco che diventerà poi un lavoro, visto che l’Estrela di Amadora gli offrirà il primo contratto della sua carriera. L’anno in cui debutta Abel Xavier è sicuramente uno dei più importanti per la società lusitana, reduce dalla prestigiosa vittoria inCoppa del Portogallo. Xavier viene dunque lanciato nel calcio che conta, anche se, al termine della prima stagione da professionista, l’Estrela retrocede in seconda divisione salvo, poi, ritornare in prima al termine della stagione ’92-’93. Il centrocampista lusitano disputa complessivamente 85 partite, andando a segno in 5 occasioni. La prima esperienza resterà forse la migliore della carriera. Le sue buone prestazioni convincono il Benfica a puntare su di lui e, dunque, si trasferisce a Lisbona dove ha la grande opportunità della vita. Con le aquile inaugura il suo palmarés personale, nel quale inserisce la conquista del campionato portoghese.
IN ITALIA – Abel Xavier lascia il Benfica, in prestito, nell’estate del 1995. Si trasferisce a Bari, dove gli viene chiesto di dare qualità al centrocampo e, soprattutto, man forte a Igor Protti, punta di diamante in quella stagione. Il ruolo non gli si addice e concluderà l’annata con solo 8 presenze all’attivo. Lascia la Puglia al termine del campionato e viene dirottato in Spagna al Real Oviedo. Alle due stagioni in Liga Adelante, seguono esperienze curiose ma poco concrete con il Psv Eindhoven (con il quale si unisce alla vittoria della Supercoppa olandese), Everton, Liverpool (consegue vittorie in Charity Shield e Supercoppa Europea),Galatasaray, Hannover. Abel Xavier ha, comunque, la possibilità di testare molti importanti campionati europei e, dopo diverse stagioni contrassegnate da una costante diminuzione di presenze in campo, giunge nella capitale italiana. La Roma, dell’inverno 2005, apre le sue porte a un giocatore, svincolato, e da quel look che gli frutterà, certamente, più battute che minuti in campo. La Roma stipula un contratto a gettoni e, alla fine, dovrà riconosciergli il minimo indispensabile, viste le sole tre presenze (199 minuti complessivi) in quei sei mesi, al termine dei quali lascerà, una volta per tutte, il campionato italiano.
L’ACCUSA E…GLI USA – Terminata la parentesi giallorossa ritorna in Inghilterra, tra le fila del Middlesbrough. Qui fa in tempo a disputare cinque partite venendo, poi, accusato di uso di steroidi. Il tribunale sportivo gli commina una squalifica da 18 mesi, poi ridotta a 12. Il “Boro” non lo abbandona e nella stagione successiva collezionerà 19 partite tra campionato e Fa Cup. L’ultima parte di carriera viene trascorsa in quella Los Angeles che sa risaltare, al meglio, non già le sue doti tecniche bensì la sua immagine, che non stona nella poliedrica metropoli. Il 23 dicembre 2009 abbandona il calcio e il precedente stile di vita, convertendosi all’Islam e cambiando nome in Faisal Xavier.
CONCLUSIONI – I limiti tecnici di questo giocatore si sono manifestati, soprattutto, nelle due esperienze italiane. Pur avendo una presenza ricorrente nella nazionale del suo Paese, Abel Xavier non dimostra di essere all’altezza dei vari campionati in cui milita. L’abbondante dose di errori commessi, autogol compresi, lo hanno classificato come uno dei tanti “bidoni” stranieri, transitati nella storia del campionato e del calcio italiano.