ROMA TOTTI CARRIERA PANUCCI / ROMA – Un excursus di tutta la sua carriera, dai primi passi al presente: è questa l’imponente intervista rilasciata da Francesco Totti a ‘Sky Sport’, nella rubrica ‘I Signori del Calcio’. Intervistatore d’eccezione, l’ex compagno Christian Panucci, oggi proprio all’emittente satellitare. “I miei genitori sono le persone più importanti nella mia formazione – ha esordito il capitano della Roma -, ma soprattutto per quanto ho fatto fino ad oggi. Una famiglia che ti sostiene sempre è fondamentale. Io come Rivera? Grazie per il paragone, è un motivo di orgoglio. Non riesco a vedere ciò che vede la gente, perché io devo farlo. A volte non capisco neanche io come mi vengano in mente certi gesti difficili, quando mi rivedo in tv. La mia scuola calcio? Mi rende molto orgoglioso. Lo sport è fondamentale per i bambini”.
Quindi, l’esordio a Brescia, il 28 marzo 1993. “Da quel momento ho pensato che questo fosse il mio lavoro, la mia passione. Ma non pensavo che avrei avuto una carriera così prestigiosa. Tuttora ringrazio Mazzone, per me è un secondo padre. L’ho avuto negli anni più importanti di un calciatore, tra i sedici e i diciannove anni. In una piazza come Roma non è facile gestire un giovane romano, lui mi teneva distante da tante cose. Diventare capitano è stato il mio primo grande salto di qualità: ho avuto la fortuna di realizzare un sogno. I rigori? Ne ho sbagliati tanti. Io e i tifosi della Roma ci amiamo, ma davanti ai miei figli si sono esposti in un modo che mi è dispiaciuto, dopo l’errore contro la Juventus. Accetto le critiche costruttive, non ci sto di fronte agli insulti con i miei bambini presenti. Mi sono sentito tradito, ho dato tutto per questa maglia, ci ho messo la faccia”.
2000-2001: la stagione dello Scudetto. “Un ricordo troppo bello. Ho capito cosa significhi vincerlo a Roma. Ho sempre rispettato Capello, da persona e da mister. Il nostro rapporto è sempre stato ottimo, al di là di piccoli screzi quando è andato via. Questo ambiente è difficile, non sempre si può accontentare la gente nel calcio”. E nel 2005 arriva Ilary Blasi. “Mi trasmette serenità, è una persona gioiosa, tranquilla. Mi è stata accanto nei momenti duri. E’ una persona speciale, indiscutibile: mi ha dato questi due gioielli, di cui è una mamma perfetta”.
Poi arriva Spalletti. “Contro la Sampdoria mi chiese se volessi giocare da prima punta, mancavano tutti. Mi sono detto: ‘Proviamoci, i piedi sono quelli’. Ho segnato, pensavo che sarebbe finita 0-0, e invece di lì in avanti sono rimasto titolare in quel ruolo. Germania 2006? Ho patito il primo serio infortunio della mia carriera. Tenevo la caviglia, ma era come se non ce l’avessi. Pensai di tutto sotto i ferri. Pensai al Mondiale, riuscii a venirne fuori. Ho capito alcuni lati di me stesso, che potevo tirarmi su anche da solo”. Poi il prestigio europeo giallorosso. “Soprattutto in Champions League miglioravamo anno dopo anno. Purtroppo il 7-1 di Manchester ci ha fermati. Speravo che finisse il prima possibile, era un incubo. Entravano da tutte le parti, ed era giusto così: quando una squadra può asfaltare è giusto che lo faccia. In quel periodo abbiamo anche incontrato l’Inter più forte di sempre, era devastante. Speravamo nello Scudetto, ma purtroppo non ce l’abbiamo fatta”.
M.T.
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