CALCIOSCOMMESSE ATALANTA DONI ESCLUSIVO STIGLIANO / ROMA – Cristiano Doni dietro le sbarre è un’immagine che colpisce. Un’immagine, che al di là delle responsabilità che saranno accertate dai magistrati, fa male ed avvelena l’etica di cui il calcio dovrebbe essere sana espressione. Le domande su cosa succederà ora si accavvalano e proprio per capire quali saranno le possibili evoluzioni, per analizzare questi ultimi sconcertati avvenimentiCalciomercato.it ha intervistato in esclusiva l’avvocato Mario Stagliano, ex vice capo dell’ufficio indagini della Figc. “I fatti sono quelli già emersi a giugno e l’Atalanta allora è stata condannata dalla giustizia sportiva per responsabilità oggettiva. Ora se dovessero emergere responsabilità dirette, ovvero dei dirigenti del club bergamasco fossero davvero implicati nelle scommesse, allora si tratterebbe di responsabilità diretta. In questo caso la pena sarebbe quella della retrocessione e l’Atalanta che all’epoca dei fatti si trovava in serie B passerebbe alla serie C. Oltre che ci potrebbe essere anche un intervento sul piano della giustizia ordinaria. Ma stiamo parlando di ipotesi”.Dalle carte dell’inchiesta si ipotizza che ci sia il coinvolgimento anche di altre squadre: “Dalle partite in esame appare che il Grosseto abbia qualche motivo di cui preoccuparsi”. L’ordinanza di custodia cautelare inflitta a Doni è eccessiva per l’avvocato Stagliano: “Fa accapponare la pelle. Sono gli stessi dati emersi a giugno e si è agito a distanza di sei mesi. Poi un interrogatorio posto a 5 giorni dall’arresto stride con la coscienza degli ordinaristi, sebbene quando si tratta di calciatori si è tutti giustizialisti”. “Doni è stato arrestato in quanto si teme un inquinamento delle prove ma sono passati sei mesi dalla prima inchiesta. Doni deve uscire. Non farlo parlare con il suo avvocato, mettergli l’interrogatorio di garanzia a 5 giorni è solo un sistema per fiaccarlo, per fargli dire quello che sa. E da avvocato questo non mi piace affato”. Per Doni non c’è in ballo solo la carriera, ma la sua stessa vita, visto che le pene della giustizia ordinaria sono molto severe per l’accusa di associazione a delinquere finalizzata alla frode sportiva di cui è accusato: “Le pene arrivano in questi casi fino a sette anni. Il processo di Napoli ha dimostrato che anche quando gli accusati non sono un pericolo per la società si usa il pugno di ferro”.
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