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Arabia Saudita regolamenta rigidamente la rete

ROMA – Dopo la Cina, anche l’Arabia Saudita si sta muovendo per regolamentare la rete, considerata fino a oggi un nuovo modo di esprimere liberamente la propria libertà personale.

Il governo Saudita dopo aver bloccato circa due mesi fa Facebook per motivazioni di carattere religioso, poiché propagava valori diversi da quelli islamici, ha ora introdotto una leglislazione restrittiva a discapito dei blogger. Da questo momento in poi tutti i blog saranno considerati “pubblicazioni elettroniche” e nello specifico quelli specializzati in notizie di cronaca e/o politica dovranno attenersi alle stesse regole attualmente in vigore per la stampa tradizionale.

LE NUOVE “REGOLE” DEI BLOGGER – Coloro i quali vogliano scrivere su un blog, dovranno da ora richiedere la licenza al Ministero per l’informazione e la Cultura, dimostrare di avere 20 anni, presentare documenti che certifichino la buona condotta tenuta fino a quel momento e, infine, possedere un diploma superiore o una laurea.

Obbligatorio inoltre l’assoggettamento alla Legge Saudita sulla Stampa e l’Editoria, consistente nel divieto di violare i dettami della Sharia, di turbare l’ordine pubblico e l’obbligo di conformarsi ai valori islamici.

LE DIFFICOLTA’ CREATE – Il vero problema che la nuova regolamentazione in materia di blog crea, è che per poter scrivere sarà necessario essere un cittadino saudita;  questo comporta una netta limitazione essendo il paese composto per un terzo da persone prive di cittadinanza.

Mentre testate giornalistiche come aSharq al-Awsat, appartenente a uno dei membro della famiglia reale saudita, appoggiano il provvedimento, importanti blogger come Ahmed al-Omran sono già in rivolta.

“Non ho alcuna intenzione di registrarmi – ha dichiarato al-Omran, il quale fa notare anche come – “un passaggio preoccupante della legge è quello in cui si afferma che per ottenere la licenza bisogna fornire al ministero tutti i dettagli sul proprio fornitore di hosting”.

In questo modo le informazioni potrebbero essere sfruttate dal Ministero a loro vantaggio per costringere i fornitori di spazi Web a non permettere  l’accesso a determinati siti.

Luca Bagaglini

Redazione

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