Accordo FIGC-AIC, parla l’Alta Corte di Giustizia

Su esplicita indicazione del Presidente della Federazione Italiana Giuoco Calcio, Giancarlo Abete, il CONI è stato autorizzato a pubblicare sul proprio sito il seguente parere, emesso in data odierna dall’Alta Corte di Giustizia.

L’Alta Corte di Giustizia Sportiva composta dal dott. Riccardo Chieppa, Presidente,  dai Componenti, dott. Alberto De Roberto, dott. Giovanni Francesco Lo Turco, prof. Massimo Luciani (Relatore), su richiesta di parere da parte della Federazione Italiana Giuoco Calcio (FIGC), trasmessa a questa Alta Corte di Giustizia Sportiva con Nota del Segretario Generale del CONI n. 0000797 del 16 novembre 2010; udito il Relatore Prof. Massimo Luciani; Vista la documentazione trasmessa dalla FIGC;

Viste le note illustrative depositate in data 11 novembre 2010 dal Presidente della Lega Nazionale Professionisti Serie A (LNP-A) in data 17 novembre 2010 e dal Presidente della Associazione Italiana Calciatori (AIC) in data 22 novembre 2010; udite le delucidazioni espresse dai rappresentanti delle LNP – A e dell’AIC e sentita la FIGC; nella adunanza del 24 novembre 2010 e nella adunanza in conferenza telefonica ed informatica del 3 dicembre 2010 ha emesso il seguente parere:

 

FATTO

La Federazione Italiana Giuoco Calcio, con richiesta di parere trasmessa a questa Alta Corte di Giustizia Sportiva con Nota del Segretario Generale del CONI n. 0000797 del 16 novembre 2010, ha premesso e rappresentato che:

a) alla scadenza del 30 giugno 2010, l’Accordo collettivo relativo al trattamento economico e normativo dei calciatori professionisti militanti nella “Serie A” non era stato ancora stipulato dalle parti (LNP-A e AIC);

b) nessuna stipulazione era intervenuta nemmeno alla data di richiesta del parere;

c) la FIGC, anche alla luce del Parere di questa Alta Corte reso in data 29-30 luglio 2010, si è attivata per promuovere l’incontro della volontà delle parti, con iniziative ampiamente descritte nella richiesta di parere;

d) le parti sembrerebbero aver raggiunto un’intesa soltanto in ordine a limitati punti dell’Accordo, mentre su altri le posizioni permarrebbero “antitetiche”;

e) allo stato, le Società della LNP-A utilizzano un modello di contratto-tipo reso obbligatorio con circolare LNP- A del 17 luglio 2010;

f) si verificano difficoltà nella costituzione dei collegi arbitrali per la risoluzione di controversie concernenti contratti stipulati nella vigenza del precedente Accordo collettivo, a causa della mancata nomina dell’arbitro di parte delle Società;

g) la LNP-A ritiene di non poter attivare le procedure di surroga dopo la scadenza del previgente Accordo e che le controversie insorte dopo la sua scadenza, ancorché riguardino rapporti contrattuali nati nella sua vigenza, non possano essere risolte da collegi arbitrari disciplinati dall’Accordo stesso;

h) la FIGC ha anche proposto soluzioni di mediazione, che le parti, però, non hanno ritenuto di condividere.

Tanto premesso e rappresentato, la FIGC “chiede di chiarire se l’attuale situazione di stallo, che determina incertezza nei rapporti tra le parti, con rischi concreti di alimentazione del contenzioso e di insorgenza di problemi a livello dell’intero sistema organizzativo dei campionati in corso, consenta che il commissario ad acta nominato dalla Federazione, tenuto conto delle intese finora raggiunte dalle due componenti e delle posizioni finora espresse sui punti in discussione, possa formalizzare la sottoscrizione di un accordo collettivo e dei relativi allegati per entrambe le parti. Si chiede altresì di chiarire se vi siano eventuali ragioni ostative alla individuazione di tale figura in ambito sportivo e/o federale”.

 

DIRITTO

1.- L’Alta Corte è chiamata ad esprimere il proprio parere ai sensi dell’art. 12-bis, comma 3, dello Statuto del CONI, a tenore del quale “l’Alta Corte provvede […] all’emissione di pareri non vincolanti su richiesta presentata dal Coni o da una Federazione sportiva, tramite il Coni”.

Ai sensi dell’art. 15, comma 3, lett. a), del Codice ACGS, l’Alta Corte non può rendere parere: “su una controversia in atto per la quale sia stata avviata una procedura avanti a organi della giustizia sportiva o in ordine alla quale vi sia la possibilità di proporre ricorso all’Alta Corte”. In questo modo – come posto in rilievo nei pareri nn. 1 e 2 del 2010, le cui argomentazioni qui si ribadiscono – il Codice ha inteso differenziare nettamente le competenze consultive e quelle giustiziali dell’Alta Corte, che del resto sono disciplinate da due diversi Titoli (il II e il III). Anche la possibilità semplicemente ipotetica di un successivo coinvolgimento dell’Alta Corte nell’esercizio delle attribuzioni disciplinate dal Titolo II del Codice preclude qualsivoglia pronuncia, in sede consultiva, che potrebbe risolversi in un autentico pre-giudizio sulla concreta controversia che successivamente essa potrebbe trovarsi a dover scrutinare.

Nella specie, così come già accadde in occasione del menzionato parere n. 2 del 2010, non ricorrono le ragioni dell’anzidetta preclusione dell’esercizio della funzione consultiva dell’Alta Corte. Innanzitutto, in quanto il parere concerne profili attinenti ai rapporti contrattuali tra società sportive e calciatori e ai relativi accordi collettivi, in linea di massima aventi il carattere della disponibilità e della sottoponibilità a giudizio arbitrale. In secondo luogo, in quanto la richiesta di parere si riferisce a questioni concernenti iniziative generali nell’ambito di funzioni della Federazione rispetto alla materia contrattuale e agli accordi collettivi, senza diretta ed immediata attinenza, allo stato, al contenuto delle possibili controversie scrutinabili da questo Collegio.

2.- Nel merito della richiesta di parere si deve osservare quanto segue.

2.1 Preliminarmente, occorre precisare che il presente parere può concernere solo la questione astratta dei poteri di commissariamento riconosciuti alla FIGC, con specifico riferimento alle vicende degli accordi collettivi per la regolazione dei rapporti tra le società sportive e gli atleti professionisti. Esso non può riguardare, invece, la questione concreta che ha sollecitato la richiesta di parere, in ordine alla quale questa Alta Corte, nella presente sede, non può formulare alcuna valutazione di merito. Sebbene nella richiesta di parere, invero, si faccia ampio riferimento a tale questione concreta, appare evidente che a questa Alta Corte si chiede solo di interpretare la vigente normativa in materia di commissariamento e di accordi collettivi, senza sostituirsi alla Federazione nell’apprezzamento delle vicende concrete e nella determinazione di adottare o non adottare questo o quel provvedimento.

2.2 – Tanto precisato è agevole constatare che l’accordo collettivo per la regolazione dei rapporti tra le società sportive e gli atleti professionisti è previsto direttamente dalla legge. Dispone, infatti, l’art. 4 della legge 23 marzo 1981, n. 91, che “il rapporto di prestazione sportiva a titolo oneroso si costituisce mediante assunzione diretta e con la stipulazione di un contratto in forma scritta, a pena di nullità, tra lo sportivo e la società destinataria delle prestazioni sportive, secondo il contratto tipo predisposto, conformemente all’accordo stipulato, ogni tre anni dalla federazione sportiva nazionale e dai rappresentanti delle categorie interessate”.

Come si vede, è la legge stessa che disegna un tipo affatto particolare di accordo collettivo, del quale sono parti non soltanto le “parti sociali” in senso proprio, ma anche la Federazione sportiva competente. E’ evidente, peraltro, che ben diverso è il ruolo cui nella negoziazione e nella stipulazione dell’accordo assolvono le “parti sociali” e le Federazioni. Le prime, infatti, curano e rappresentano gli interessi categoriali dei rispettivi iscritti; le Federazioni, invece, curano e rappresentano soltanto l’interesse sportivo generale al corretto svolgimento della pratica sportiva e delle competizioni agonistiche. E’ solo in funzione di tutela di tale interesse sportivo generale, pertanto, che le Federazioni partecipano al procedimento, non potendo né dovendo favorire o danneggiare alcuna delle suddette parti in senso proprio dell’accordo.

Lo stesso accade per quanto riguarda l’accordo collettivo stipulato da LNP-A, AIC e FIGC. Anche in tale fattispecie, infatti, la posizione preminente della Federazione non deve essere confusa con quella delle “parti sociali” e la sua presenza nel procedimento è ascrivibile all’esigenza di tutela del segnalato interesse generale, da imputarsi all’intero ordinamento sportivo.

Già questo dato è rilevante al fine della risposta alla richiesta di parere. Data la ratio della sua presenza nel procedimento, la Federazione non sembra trovarsi in una condizione utile a sostituire la propria autonoma volizione, in quanto propria, a quella dell’una o dell’altra delle parti in senso stretto, che sole possono valutare la sostanza degli interessi delle rispettive categorie di riferimento. E’ ragionevole, pertanto, stando a quanto disposto dalla legge, dubitare della possibilità di un commissariamento ad acta che consenta alla Federazione di nominare un soggetto di sua fiducia, che subentri all’una o all’altra parte o ad entrambe nella stipulazione dell’Accordo con il solo e specifico mandato di sottoscriverlo comunque.

2.3.- Se dal livello legislativo ci spostiamo a quello della normativa sportiva il dato da considerare specificamente è lo Statuto della FIGC.

Occorre rilevare che nell’ordinamento federale il potere di commissariamento è previsto in capo alla Federazione dall’art. 9, comma 9, dello Statuto. Si tratta di un potere tipizzato e circoscritto nei destinatari, nei presupposti, nel procedimento, nella finalità.

Quanto ai destinatari, i soli soggetti “commissariabili” risultano essere le Leghe delle società aderenti alla FIGC. Lo Statuto, sul punto, è inequivoco: è solo una Lega che, quanto al complesso degli affari o a singoli affari, può essere destinataria di un provvedimento di commissariamento emesso dalla FIGC.

Quanto ai presupposti, la riferita disposizione statutaria stabilisce che la FIGC può dichiarare la decadenza dei dirigenti responsabili di una Lega “per gravi motivi che impediscano il regolare o normale svolgimento delle attività ad essa demandate ovvero in caso di gravi irregolarità o violazioni che ne impediscano il regolare funzionamento”.

Quanto al procedimento, lo Statuto prevede che la dichiarazione di decadenza sia formalizzata, su proposta del Presidente federale, dal Consiglio federale che delibera a maggioranza qualificata e con esclusione dal voto del Presidente e dei Consiglieri della Lega interessata. Questa deve provvedere “alla immediata sostituzione dei dirigenti decaduti” e, qualora essa non abbia provveduto “secondo le norme del proprio regolamento”, la Federazione nomina un Commissario straordinario o un Commissario ad acta, con contestuale fissazione dei suoi poteri e dei limiti di durata del suo mandato.

Quanto alla finalità, la norma statutaria appare indirizzata alla garanzia del buon funzionamento dell’ordinamento sportivo di settore, buon funzionamento che viene assicurato anche a costo di poter incidere sulla titolarità degli organi di Lega o sull’esercizio di singoli poteri di tali organi.

2.4.- Dalle previsioni statutarie sopra riportate si evince quanto segue:

a) il potere di commissariamento può essere esercitato solo nei confronti delle Leghe. Lo Statuto non consente di commissariare altri soggetti dell’ordinamento federale e, in particolare, l’AIC (nonostante che questa, quale Componente tecnica, appartenga al novero di tali soggetti ai sensi dell’art. 11, comma 1, e dell’art. II disp. trans. e fin. dello Statuto FIGC);

b) il commissariamento di una Lega può essere disposto quando sia impedito il regolare svolgimento delle attività ad essa “demandate”. La stipulazione dell’Accordo collettivo non è una di tali attività demandate, il che si evince dall’art. 9, comma 4, Statuto, che distingue tra attività demandate dalla FIGC alle Leghe e attività che queste svolgono quali rappresentanti delle società associate;

c) il commissariamento, peraltro, può essere disposto anche quando siano commesse irregolarità o violazioni che impediscano il funzionamento delle Leghe. Ora, poiché la stipulazione dell’Accordo collettivo appartiene al novero delle attività tipiche delle Leghe, si deve ritenere che a questo titolo il commissariamento sarebbe legittimo, ove fossero dimostrate “gravi irregolarità o violazioni”.

2.5.- Come si evince da quanto precede, la mancata stipulazione dell’Accordo collettivo potrebbe giustificare l’esercizio di un potere – sostitutivo – di commissariamento ad acta da parte della FIGC, previa diffida (nel rispetto del procedimento disegnato dall’art. 9 dello Statuto FIGC) e ove ne ricorressero i presupposti (ed è bene ripetere che non spetta a questa Alta Corte, qui, verificare la loro eventuale sussistenza). Si deve bene intendere, però, quale sia la portata di tale potere, per evitare che le previsioni statutarie siano incoerenti con quelle legislative.

E’ da escludere, invero, che il potere possa estendersi sino alla sostituzione della autonoma volontà della Federazione (attraverso la nomina di un commissario da questa designato, vincolato alla determinazione federale di stipulare comunque) alla Lega nella stipulazione dell’Accordo. Si è già visto che la l. n. 91 del 1981 non qualifica la Federazione rappresentante dell’una o dell’altra delle categorie interessate, sicché non è plausibile ritenere che essa, tramite il proprio commissario ad acta, possa volere ed agire in luogo dell’associazione rappresentativa proprio nell’adozione dell’atto forse più qualificante ch’essa possa adottare, e cioè dell’Accordo collettivo. D’altro canto, lo stesso Statuto FIGC riconosce espressamente che la funzione rappresentativa è in capo alla Lega (art. 9, comma 4). E si aggiunga che sarebbe paradossale la situazione di un Accordo collettivo sottoscritto dall’AIC quale rappresentante degli interessi dei calciatori, dalla FIGC quale portatore dell’interesse sportivo generale e nuovamente dalla FIGC (ché a questa sarebbe imputabile la volontà del commissario ad acta che eserciti poteri vincolati, da ritenersi organo federale) quale rappresentante – in via di sostituzione – degli interessi delle Società.

A questo punto è bene riportare la conclusione del più volte menzionato parere di questa Alta Corte n. 2 del 2010, in riferimento alla questione della redazione del “contratto-tipo”: “potrà essere esaminata dalla FIGC la possibilità – in ipotesi limite ove ne sussistano tutti i presupposti -, di nomina di commissario ad acta, con intervento sostitutivo temporaneo per raggiungere un nuovo accordo o anche un primo accordo transitorio in caso di acuirsi di un conflitto tra le parti, attraverso una utilizzazione di procedura di garanzia (argomentando da art. 9, comma 9, Statuto federale)”. Il potere sostitutivo del quale allora si parlava si riferiva espressamente alla possibilità di “raggiungere” un nuovo accordo.

Ciò significa che la sostituzione può legittimamente riguardare tutta la fase delle trattative, ma non può mai estendersi, per ragioni di economia procedimentale e di non esorbitanza del mezzo utilizzato, oltre questa prima fase di trattative per il raggiungimento del nuovo accordo e sino ad impingere nella fase della stipulazione, riservata ex lege e per Statuto alla determinazione delle parti.

Resta fermo, tuttavia, che l’eventuale permanere della situazione di stallo, ove essa fosse imputabile esclusivamente o prevalentemente alla LNP-A (e anche qui è bene ribadire che non spetta a questa Alta Corte, nella presente sede, verificare se vi siano e di chi siano eventuali responsabilità) e ove la FIGC, nell’esercizio della sua discrezionalità normativamente delimitata, ritenesse che tale situazione integri la ricordata ed eccezionale fattispecie delle “gravi irregolarità o violazioni”, potrebbe legittimare (restando in disparte la diversa fattispecie della nomina di un commissario straordinario, con poteri generali, sempre ai sensi dell’art. 9, comma 9, dello Statuto) la nomina, previa diffida, non già di un commissario ad acta munito del vincolato potere di stipulare l’accordo, bensì di un commissario ad acta, sempre con poteri limitati allo scopo ed alle ragioni del commissariamento, al quale sia conferito il potere discrezionale di condurre la negoziazione e solo eventualmente, ove ne ricorrano le condizioni, anche di prestare il consenso definitivo della Lega a stipulare l’accordo collettivo, ovviamente con la concorrente manifestazione del consenso da parte dell’AIC. In questo caso, come ha chiarito una condivisibile giurisprudenza amministrativa (Cons. Stato, Sez. VI, 15 novembre 2005, n. 6365), il commissario non agisce più nella qualità di organo del soggetto preponente, bensì di organo del soggetto sostituito, del quale manifesta all’esterno la volontà. Nel caso che ne occupa, pertanto, nell’ipotesi ora ricordata, non si determinerebbe l’inammissibile sostituzione della volontà della Federazione a quella di una delle parti, bensì attraverso il commissario. La discrezionalità dei poteri del commissario, conseguentemente, dovrebbe essere conformata dalla Federazione in modo tale da consentire al commissario stesso di contemperare l’esigenza di realizzare l’interesse pubblico all’esistenza di un accordo collettivo con gli interessi delle società appartenenti alla Lega, che delle società è il soggetto esponenziale (art. 1 dello Statuto – regolamento LNP – A), secondo moduli che ovviamente non spetta a questa Alta Corte definire.

E’, dunque, in tale ipotesi limite che il commissario, solo nella qualità di organo della Lega, potrebbe procedere, oltre che alla negoziazione, anche alla stessa eventuale stipulazione dell’Accordo collettivo, ovviamente con il concorrente consenso dell’AIC.

 

PQM

Esprime il parere come in motivazione.

Deciso nella adunanza del 24 novembre 2010 e nella adunanza in conferenza telefonica ed informatica del 3 dicembre 2010.

 

Il Presidente  F.to Riccardo Chieppa

Il Relatore F.to Massimo Luciani

 

Depositato in Roma il 3 dicembre 2010

 

Fonte: Coni.it

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