“Le nuove identità”, questo il titolo del convegno organizzato da Csi-Piemonte e svoltosi mercoledì scorso presso il Centro Congressi del Lingotto. Numerosi gli studiosi ed esperti del settore ad aver cercato di rispondere all’interrogativo riguardante la modifica del concetto di identità, all’interno di un sistema in cui la tecnologia dell’informazione è sempre più pervasiva.
“La nostra identità rappresenta il mezzo con cui affrontare il momento di incertezza che stiamo vivendo” . Importanti le parole di Agata Spaziente, presidente del Comitato Tecnico Scientifico del Csi-Piemonte; parole nette e che hanno suscitato riflessioni e nel contempo suggerito nuovi interrogativi.
VALTER CANTINO – Fra i numerosi ad essere intervenutI anche il rettore dell’Università degli Studi di Scienze Gastronomiche, che ha sottolineato come la tecnologia abbia creato un paradosso: nonostante infatti l’avvio di nuovi processi produttivi, ha portato con il tempo ad una inesorabile omologazione identitaria. Un esempio è riscontrato nell’attività agricola: oggi un agricoltore italiano possiede, mediamente, non più di tre ettari di terra e spesso i suoi prodotti corrono il rischio di confondersi nel mercato con quelli provenienti dalle produzioni su larga scala. Per questi motivi, conclude Cantino, occorre rilanciare l’identità propria del lavoro, perché essa rappresenta un fattore determinante per la sopravvivenza.
MAURIZIO FERRIS – Il professore di Filosofia teoretica all’Università di Torino, ha parlato di vera e propria esplosione della scrittura, da intendersi come vera e propria registrazione. Mezzi di comunicazione privi di supporto per la memoria, per così dire “amnesici”, stanno per essere sostituiti da strumenti, come iPhone e iPad, in grado invece di delineare la nostra identità in maniera dettagliata.
MARIO CALABRESI – Secondo il direttore de La Stampa i media cercano di colpire un pubblico sempre più ampio, e per farlo, non è inusuale l’utilizzo di messaggi forti, sempre meno approfonditi e privi di contestualizzazione, in grado di innestare all’interno della società paura e ansia.
Viviamo in una società in cui il benessere è aumentato, ma la memoria storica viene progressivamente annullata e nella quale le prospettive per il futuro appaiono sempre più ristrette.
Al giornalismo spetta dunque il compito di prodigarsi per la creazione di un contesto, ricostruendo una memoria storica piuttosto che generare inquetudine e insicurezza.