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Iniesta a tutto tondo: esalta Del Piero ed Eto’o, punzecchia Ibra e l’Italia

INIESTA ESALTA DEL PIERO E ETO’O / BARCELLONA (Spagna) – Andres Iniesta ha concesso un’interessantissima intervista a ‘La Gazzetta dello Sport’. Ve la riportiamo integralmente.

Iniesta, quanto è cambiata la sua vita dopo il titolo mondiale?
Vorrei dire poco, ma non è così. Gli occhi con i quali il mondo mi guarda sono completamente diversi, e far finta di niente sarebbe troppo complicato. In Spagna mi sento amato da tutti, e questa è una cosa rara per un calciatore di un club come il Barça.

Acosa pensava un minuto prima del colpo vincente?
A come avrei tirato il mio rigore, di lì a poco. E le confesso che, nella concitazione di quei momenti, avvertivo un fondo di delusione. Nel secondo tempo e anche durante i supplementari sentivo che stavamo prendendo il sopravvento. Ero stato certo di poterla chiudere prima dei rigori, ma ormai il 120’ era vicino, quasi non ci credevo più.

E’ vero che il destino perdente dellaSpagna è cambiato quando ci avete battuto ai rigori nell’Europeo 2008, come dice Casillas, o lo raccontate solo ai giornalisti italiani?
Sì, ma voi siete stati solo una parte dell’incantesimo spezzato. L’altra riguarda i quarti di finale: la Spagna moderna ci era arrivata un’infinità di volte e non li aveva mai superati. Andando avanti ci sentimmo finalmente adeguati al massimo traguardo.

Barcellona e Spagna giocano esattamente lo stesso calcio?
No, in nazionale è impossibile replicare i meccanismi più complessi degli schemi del club, manca il tempo per renderli automatici. Però otto giocatori del Barça fanno sì che lo stile di gioco sia analogo. Poi, i compagni di altri club ci arricchiscono con le loro diverse qualità: nel Barcellona non abbiamo un centravanti fisico come Llorente, e in questo periodo in nazionale ce lo godiamo eccome.

Le diversità che arricchiscono: quasi un manifesto politico. Com’è che non siete riusciti ad accogliere la diversità di Ibrahimovic?
Il primo anno al Barcellona non è facile per nessuno, ci sarebbe voluta più pazienza. O forse noi non abbiamo voluto cambiare il nostro gioco per sfruttare le sue caratteristiche e Ibra non ha pensato di fare un passo verso un altro tipo di calcio. Non so se le responsabilità siano esattamente a metà strada, di certo non sono interamente di qua o di là. E’ stata un’occasione perduta da tutti.

La battuta sul «profilo basso» vi ha ferito?
Non era un complimento, questo l’abbiamo capito tutti. Però mi viene da allargare le braccia: al Barça siamo felici di dividere lo spogliatoio senza primedonne o gelosie. Non è nemmeno una questione di umiltà. Semplicemente, a me non frega nulla di avere atteggiamenti da superstar. Dovrei recitarli, perché io non sono così.

Allora non le chiedo se le piace Mourinho. Tempo fa disse che il Pallone d’oro non andrebbe dato a lei, ma a Sneijder o a Xavi.
Per fortuna non è lui ad assegnarlo, perché io ci terrei a vincerlo. Con tutto il rispetto per i miei compagni e per Sneijder, i principali rivali.

Certo che con Mourinho il Real è diventato più pericoloso.
Dice? La scorsa stagione restammo in ballo per la Liga sino all’ultima giornata malgrado un primato di punti da fantascienza. Voglio dire che il Madrid è sempre il Madrid indipendentemente da allenatore e giocatori: un avversario formidabile.

Però Mourinho vi ha eliminato dalla Champions con l’Inter.
Perché io ero infortunato… Scherzo, noi soffriamo le squadre brave a recuperare palla e lanciarla subito lunga, negli spazi.

Sapesse come sta filando Eto’o, in questo periodo.
Ah, Samuel… è un giocatore unico, un attaccante fenomenale. Per noi era importantissimo, mi dispiacque da matti vederlo partire.

Ci rimase male anche quando se ne andò Ronaldinho?
E’ stato bello crescergli vicino ma il rapporto era diverso, lui era il miglior giocatore del mondo e io un ragazzino. Con Eto’o abbiamo condiviso più cose.

All’Inter non nascondono il sogno di acquistare un giorno Messi, e vedrà che anche Guardiola prima o poi proverà un’esperienza italiana. Lei subirà mai il fascino del trasferimento all’estero?
No. E’ sempre difficile farlo capire, e non so perché, ma nessuno di noi vorrebbe muoversi da Barcellona: c’è un mix di gratitudine, vita serena e calcio competitivo che ci fa sventolare come tante bandiere. In primavera mi nascerà il primo figlio, e desidero che cresca qui.

Dedichi unpensierino finale alle tristezze del calcio italiano.
Avete vinto quattro Mondiali, vi risolleverete anche stavolta. Certo però che dei vostri ragazzi non si hanno notizie: aspetto di vedere Balotelli sulla scena internazionale, sono contento che Cassano dopo Madrid abbia ritrovato il filo del discorso, sono ammirato dal fatto che Del Piero continui a segnare, è un fuoriclasse eterno. Ma qualcuno un po’ più giovane non ce l’avete?.

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