Atalanta, l’affondo dell’ex presidente Ruggeri: “Costretto a vendere dagli ultra’”

NOTIZIE ATALANTA EX PRESIDENTE RUGGERI INTERVISTA / BERGAMO – Alessandro Ruggeri, ex presidente dell’Atalanta, si racconta in un’intervista alla ‘Gazzetta dello Sport’ puntando il dito contro l’ambiente del tifo organizzato bergamasco.

ULTRA’ – “Senza le loro intimidazioni, mai e poi mai avrei venduto l’Atalanta. Sarei rimasto e avrei portato la famiglia lontano da Bergamo, una città che non merita niente. Se il processo confermerà le tesi dei magistrati, qualcuno dovrà risarcire tutti i danni. Ho letto di ultrà, politici e persino componenti del CdA che si confrontavano su come costringerci a vendere. In tutti i modi, picchiando o non picchiando. Addirittura a prezzo modico, come se spettasse a loro stabilire il valore di un club. Papà non scendeva a compromessi. Non è mai andato alla festa della Dea, come fa qualcuno adesso… Andavo a scuola con la scorta e avevamo gli agenti davanti a casa 24 ore su 24. Sui muri era scritto ovunque “Ruggeri vattene”. Il giorno della morte di Gabriele Sandri, alcuni ultrà abbatterono una vetrata della curva nord con un tombino e la partita fu sospesa. Papà, col d.g. Giacobazzi, fece firmare ai giocatori una presa di distanza netta da certa gente. In gennaio venne distribuito un volantino violentissimo e tre giorni dopo papà ebbe il malore dal quale non si è più ripreso”.

LA DECISIONE DI VENDERE – “Mio papà Ivan ha comprato l’Atalanta nel 1994 ed è rimasto presidente fino al 2008, quando ha avuto il malore. In 14 anni ha subìto pressioni di ogni tipo, nonostante i risultati fossero in linea con quelli di una squadra di provincia. Io mi sono ritrovato a fare il presidente a 21 anni. Quando non ci sono più stati i risultati, le pressioni sono diventate insostenibili. Abbiamo venduto per paura e non a prezzo di mercato. Il bilancio era sano. Oltre a Percassi c’erano degli stranieri che volevano la società, ma non li conoscevo. I tifosi, i politici, persino il giornale cittadino, che non ci ha mai amato, spingevano per Percassi. Ho pensato al bene dell’Atalanta. Guarda caso, dopo la vendita si sono ritrovati tutti uniti. Senza quel clima insostenibile, non avrei mai venduto”.

INTERCETTAZIONI – “Tenere rapporti con certi personaggi (il capo ultrà Bocia n.d.r.) è stato un grave errore, lo riconosco. L’ho fatto per alleviare le tensioni a mia mamma e a mia sorella. Ma da me non hanno avuto favori, non ho mai regalato biglietti o creato ‘corsie preferenziali’. Gli ultrà fanno anche iniziative positive, e questo è lodevole, ma non è che se uno fa beneficenza poi è bravo a prescindere”.

CONTE – “Anche lui chiamava il Bocia? Ha sbagliato, come me, ma quelle cose me le aveva già dette. Riteneva che la squadra gli fosse ostile, soprattutto i senatori, soprattutto dopo che lui e Doni si erano messi le mani addosso a Livorno. Conte ha un carattere forte, ma persino lui ha dovuto dimettersi, e questo dice molto… Sono legato ad Antonio, mi ha sempre detto le cose prima che succedessero».

DONI – “Se tornassi indietro non gli farei il contratto, soprattutto dopo avere saputo del calcioscommesse. Ma all’epoca era intoccabile, era troppo influente in uno spogliatoio senza personalità. E pensare che qualcuno ha detto che sarebbe stato il presidente ideale (Percassi al raduno del 2011, ndr)”.

LA RETROCESSIONE – “Ci furono il raid a Zingonia, i volantini, la bomba carta davanti a casa. L’ultima partita dell’epoca, Atalanta-Palermo, non l’ho potuta vedere su consiglio delle forze dell’ordine. Non era mai capitato in dieci anni, neppure quando papà era in fin di vita. Adesso dall’inchiesta scopro che si tramava per fare pressioni sull’anello debole della mia famiglia, su mia mamma e mia sorella. Questo mi fa stare male. A fare il doppio gioco erano anche persone che stavano nel consiglio d’amministrazione. C’erano presunti amici che, con la scusa di venire a trovare papà, monitoravano la situazione, davano consigli “disinteressati” alla mamma. Roberto Spagnolo era l’uomo di fiducia della mia famiglia. Un secondo dopo che abbiamo venduto è diventato direttore generale con Percassi. Non si è mai visto in nessuna azienda al mondo”.

IL LEGHISTA BELOTTI – “Dice che faceva il mediatore tra ultrà e istituzioni. Mediava tanto bene che scriveva volantini contro il questore Turillo e contro il club. Questa persona fino a poco tempo fa era assessore regionale, pagato con i soldi dei cittadini. E poi ci chiediamo perché l’Italia è ridotta così”.

FUTURO – “Alcuni presidenti mi hanno chiesto di lavorare per loro, qualcuno mi ha proposto di rilevare società in difficoltà: in futuro, forse succederà. Ma mai più in Italia“.

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