Promesse… non mantenute: Jose’ Mari

PROMESSE NON MANTENUTE JOSE MARI / ROMA – Gli spagnoli al Milan non hanno mai fatto bene. Questa diceria ha trovato fondamento a cavallo del nuovo millennio quando gente come José Mari, Javi Moreno e lo sfortunato Fernando Redondo non hanno saputo dare il meglio nella nuova piazza italiana. Oggi ci soffermiamo sul primo che abbiamo citato, per ripercorrere quel ‘poco’ che ha dato ai rossoneri e al calcio italiano. 

CHI E’ – José Maria Romero Poyon è noto semplicemente come José Mari. Nato a Siviglia, il 10 dicembre 1978, cresce calcisticamente nella squadra della sua città. Il lungo apprendistato lo porta a esordire nella formazione A del Siviglia nel febbraio 1997, quando viene inserito nel match contro la Real Sociedad. La retrocessione causa la vendita dell’attaccante spagnolo, il quale si accasa all’Atletico Madrid, sicuramente il punto più alto a livello di prestazioni. Nella capitale trova spazio e viene, complessivamente, valorizzato da Radomir Antic. All’inizio viene utilizzato come valido rincalzo, da buttare nella mischia nel secondo tempo. Con la partenza di Christian Vieri e l’infortunio di Kiko, viene schierato da Arrigo Sacchi in qualità di titolare. Al termine del biennio con la maglia dei ‘Colchoneros’ totalizza 84 partite e 20 gol. 

LA CHIAMATA ROSSONERA – Il Milan si trova a dover sopperire alla partenza di George Weah. L’attaccante liberiano, seppur a fine carriera, lascia un vuoto importante. I rossoneri decidono di investire denaro contante per tesserare uno degli attaccanti maggiormente in risalto nell’ultimo periodo. L’affare si conclude nel dicembre 1999 per una cifra vicina ai 40 miliardi delle vecchie lire (circa la stessa pagata per Andriy Shevchenko qualche mese prima, ndr). Una somma ingente, per una promettente punta di soli 22 anni, che, tuttavia, non verrà valorizzata. Prima Zaccheroni, poi i vari Tassotti, Maldini, Terim fino a Carlo Ancelotti non considerano pienamente l’attaccante spagnolo. Le difficoltà, degli inizi, si sono susseguite col tempo. Chiuso dai vari Bierhoff, Shevchenko, Boban e Leonardo prima, passa per rimpiazzo nelle successive stagioni quando a Milano arrivano Inzaghi e Rui Costa. José Mari bazzica, dunque, per Milanello per tre stagioni consecutive. Trova rari momenti di continuità, dati dagli infortuni degli altri attaccanti presenti in rosa. Una sciagura, ad esempio, per Carlo Ancelotti, il quale nei mesi invernali e primaverili del 2002 dice addio ai sogni di scudetto e alla possibilità di raggiungere la finale di Coppa Uefa, ritrovandosi come titolari il duo spagnolo José Mari-Javi Moreno. Dopo tre anni, come detto, José Mari saluterà Milano definitivamente. Il suo bottino ammonta a circa 52 partite ufficiali, condite da soli 5 reti.

IL RITORNO IN SPAGNA – L’Atletico Madrid si riprende il suo ‘gioiellino’. Certo è che l’esperienza milanista di José Mari non è stata pienamente formativa. I ‘Colchoneros’ si aspettavano un ritorno diverso, maggiormente motivato e, invece, la seconda avventura dello spagnolo dura solamente una stagione. Scommette su di lui il Villarreal che lo tessera nel 2003. José Mari si trasforma più in un giocatore di quantità che di qualità. Si sacrifica per la squadra, disputa pregievoli partite ma anche col ‘Sottomarino Giall’o non troverà una buona vena realizzativa (111 partite, 5 gol). Nel 2007 si ritrasferisce a Siviglia, città di nascita in tutti i sensi. Fa uno sgarbo ai suoi ex tifosi e si accasa tra le fila dei rivali bianco-verdi del Betis. L’esperienza, tuttavia, non è delle migliori. La parabola è, oramai, completamente discendente. Nel gennaio 2009, si allena con il Gimnastic de Tarragona. L’anno successivo si accasa allo Xerez. Attualmente è ancora tesserato per la squadra andalusa. 

CONCLUSIONE – Era un talento. Lo ha dimostrato in Spagna e anche quando ha trovato chi veramente credeva nelle sue capacità. Si è adattato spesso, sacrificandosi in ruoli diversi dalla zona prettamente offensiva. José Mari vantava anche una buona tecnica ma la sua scarsa vena realizzativa non lo ha consacrato come un grande attaccante. Si è trovato al Milan, forse, in uno dei periodi peggiori, ma difficilmente avrebbe potuto trovare più spazio in altre epoche. E’ stato sempre considerato un rincalzo, da ogni tecnico transitato sulla panchina rossonera. Ha avuto buone chance durante gli infortuni di Shevchenko e Inzaghi ma non le ha sapute sfruttare. Una perdita di soldi per il Milan e una chance mancata per il diretto interessato, il quale resta uno dei tantissimi talenti inespressi nel campionato italiano.

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