Promesse… non mantenute: Patrick Kluivert

Patrick Kluivert (Getty Images)

PROMESSE NON MANTENUTE PATRICK KLUIVERT / ROMA – Solo dolori. Così si può riassumere l’esperienza di Patrick Kluivert al Milan, non soltanto in qualità di presenza tra le file della rosa rossonera ma anche in qualità di incubo nella finale dell’Ernst Happel Stadium di Vienna. Laddove cinque anni prima Frank Rijkaard permetteva di conquistare la quarta Coppa dei Campioni della storia milanista, nello stesso luogo, Patrick Kluivert, ha spento i sogni di gloria dei tanti tifosi che sognavano la possibile sesta (poi conquistata a Manchester nel 2003). Lui, entrato dalla panchina, segna il gol che decide una gara che si stava avviando ai supplementari. L’Ajax alza la coppa, i rossoneri tornano a casa a testa bassa con una delle prime delusioni che si susseguiranno fino alla stagione 1998-99, anno dello scudetto di Zaccheroni. Ma andiamo con ordine.

GLI INIZI – La storia di Patrick Kluivert inizia ad Amsterdam. Il calcio è sport nazionale. Sono gli anni di Cruijff e il colore “orange” è più in voga che mai. Dopo aver iniziato tra le fila del Schellingwoude, Kluivert raggiunge l’Accademia calcistica dell’Ajax che lo seguirà fin dall’età di 7 anni. Il giocatore cresce bene e si attesta come uno dei migliori in ogni categoria. Peccato per quel carattere, un po’ troppo impulsivo che condiziona non poco le prestazioni e la qualità in campo. L’anno della svolta è il 1994, quando l’Ajax lo promuove in prima squadra all’età di 18 anni. Da noi si chiamerebbe l’uomo della provvidenza e così è stato per i “lancieri” che, grazie a una sua rete, hanno portato a casa, ancora ad oggi, l’ultima coppa della loro storia. Un gol di quel giovane, entrato al 70′ al posto di Jari Litmanen è bastato anche per restare impresso nella mente dei rossoneri, in particolare di Adriano Galliani che nell’estate del 1997 lo ha preso a parametro zero.

LA STAGIONE A MILANO – L’attesa per il nuovo Van Basten (si dice sempre così quando a Milano giunge un attaccante di quello stampo, olandese e magari proveniente proprio dall’Ajax) era concreta. Da Patrick Kluivert tutti si aspettavano molto. La possibilità di giocare al fianco di George Weah avrebbe garantito un mix perfetto di esperienza e freschezza atletica. Così alla fine non fu. Il liberiano mantenne le attese ma il numero di gol a fine campionato (10 reti) fu comunque un bottino scarso, alla luce del fatto che lui fu il capocannoniere della squadra. Solo sei reti in campionato per Kluivert, invece, il quale pian piano si conquistò la nomea di “mangia-gol”, degna di Egidio Calloni. Fu così che la storia rossonera di Kluivert si limitò a pochi exploit (firmò il 3-2 nella rimonta di Coppa Italia contro la Sampdoria, dopo essersi divorato due nitide palle-gol nel corso del primo tempo) e a troppe delusioni.

GLI ANNI D’ORO AL BARCELLONA – Iniziò la nuova stagione 1998-99 con i rossoneri ma l’arrivo di Bierhoff aveva già ben delineato le gerarchie. Il Milan, dunque, opta per la cessione, ricavandone una buona plusvalenza (30 miliardi di lire). Ci guadagnano tutti, anche lo stesso giocatore. Il Camp Nou diventa ammiratore delle sue gesta che, in tanti, si sarebbero aspettati a San Siro. Messo da parte un po’ quel carattere a tratti ribelle, Kluivert si attesta come un buon giocatore, nulla di trascendentale. Fa il suo, segnando 90 gol in 182 partite, con una media di circa un gol ogni due match. A 28 anni la sua carriera inizia ad avere una parabola, maggiormente, discendente. Viene ingaggiato annualmente da Newcastle, Valencia, Psv Eindhoven e Lille. In queste quattro annate gioca complessivamente 74 gare e segna 15 gol. I dati sono davanti anche ai suoi occhi e a 32 anni decide di chiudere con il calcio giocato. Attualmente è il vice di Wiljan Vloet al NEC Nijmegen.

CONCLUSIONE – Gli anni dell’Ajax avevano dato un’altra dimensione di Patrick Kluivert. Un giovane di buone speranze, fin troppe, che alla fine si è perso per strada. La prima esperienza, fuori dai confini nazionali, non è stata buona e a Milano, ora come ora, sono in pochi a ricordarsi di lui, giusto per quel gol nella finale di Vienna. Gli anni di Barcellona sono migliori ma in proporzione non garantiscono di scrollarsi di dosso l’appellativo di promessa non mantenuta.

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