Speciale, Mercato Serie A: chi ha più bisogno di rinforzi?

SERIE A BILANCIO GOL FATTI SUBITI / ROMA – Finisce agli archivi un altro anno (solare) di calcio. Per molti è tempo di bilanci, e Calciomercato.it prova a fare i conti in casa delle 20 squadre di Serie A, rilevando promossi e bocciati di questa prima sessione del campionato da un numero semplice ma decisivo: i gol.

La meccanica è semplice: prendiamo in esame la classifica attuale, con i gol fatti e subiti da ogni club, e da questo dato traiamo le conclusioni. Come va l’attacco, come la difesa? Ma soprattutto, quanto bisognerà intervenire a gennaio? Quanto lo scorso mercato estivo ha atteso o disatteso le aspettative dei direttori sportivi? Cominciamo dalla classifica aggiornata.

CLASSIFICA
Milan 34 punti (35 gol fatti, 16 gol subiti)
Juventus 34 (27, 11)
Udinese 32 (20, 9)
Lazio 30 (24, 13)
Inter 26 (22, 19)
Napoli 24 (29, 18)
Roma 24 (21, 19)
Catania 22 (20, 23)
Palermo 21 (18, 20)
Genoa 21 (19, 24)
Atalanta 20 (23, 19)
Chievo 20 (13, 18)
Parma 19 (21, 26)
Fiorentina 18 (15, 15)
Cagliari 18 (12, 17)
Siena 15 (14, 16)
Bologna 15 (14, 24)
Novara 12 (17, 29)
Cesena 12 (8, 20)
Lecce 9 (17, 33)

Partiamo dal fondo. Il Lecce non ha bisogno di interventi in attacco: con 17 gol fatti attesta la bontà da centrocampo in su. E’ in difesa che scendono rivoli di sudore freddo lungo la schiena: 33 reti subite. Il reparto non va, forse non comunica: fatto sta che è un colabrodo. E’ lecito attendersi un nuovo difensore, o al più un mediano. Discorso inverso per il Cesena: bene la retroguardia, tremendo il pacchetto offensivo. La cura Arrigoni sortisce però i suoi primi effetti su Mutu, perciò alla dirigenza sta il delicato compito di saper attendere il girone di ritorno: altrimenti, subito un acquisto in avanti (preferibilmente una spalla per il romeno).

Novara segna, ma subisce quasi quanto Lecce: discorso identico ai giallorossi. A Bologna il mercato difficilmente arricchirà la rosa: Di Vaio e Ramirez sono tornati dopo un avvio in sordina, e la difesa tutto sommato regge. Bene il Siena, con appena 16 reti incassate (Destro è la grande speranza in attacco); roccioso il Cagliari, che prende pochi gol ma non ne segna certo una valanga. Servirà un attaccante (Acquafresca?).

Fiorentina è un tema caldo. Differenza reti in perfetto equilibrio, ma i singoli risultati la gettano nei bassifondi della classifica. In più è andato via Gilardino. Appare evidente che un’enorme fetta di questa stagione passerà dalla capacità di Delio Rossi di dare la scossa alla squadra. Parma gongola: dietro traballa un poco, ma davanti è una bellezza, segna quanto le grandi con un reparto da stropicciarsi gli occhi. Difficilmente Ghirardi vorrà spezzare l’incantesimo con movimenti in entrata o in uscita, anche se uno spazietto per un innesto nelle retrovie si può trovare.

Il Chievo, come il Siena, regge, e tutto sommato si diverte a sprazzi: merito di un gruppo affiatato. L’Atalanta è la vera sorpresa, ma non la scopriamo oggi: Denis travolge tutti. In difesa potrebbe subire qualcosa in meno, ma in quel caso si troverebbe a lottare per l’Europa. Il Genoa patisce i sei gol presi a Napoli: tolta questa Caporetto, il ‘Grifone’ si lecca i baffi per un girone di ritorno che può essere di grido, grazie anche ad un certo Gilardino. E il Palermo? La nona piazza è perfettibile ma non imperfetta, anche se il ruolino di marcia è a due facce: più che di differenza reti, si tratta di imparare a giocare fuori casa.

Catania, questo gioiello: Montella si sta confermando un allenatore spumeggiante e cinico. Al prezzo di qualche gol concesso in più, offre un gioco offensivo e di qualità, premiato dai 20 sigilli stagionali. La Roma sgomita: è partita malissimo, oggi è settima. Il vantaggio di un gruppo giovane e di qualità sta nella grande varietà offensiva; lo svantaggio è che in difesa servono giocatori rodati, che si conoscano. In avanti va tutto bene, dietro bisognerà aspettare un po’ di amalgama, e quello sarà il momento di esplodere a grandi livelli.

Il Napoli paga lo scotto della Champions? Dipende dai punti di vista: è sesto, a pari punti coi giallorossi nonostante abbia perso lo scontro diretto. E il profilo realizzativo è strepitoso: 29 gol sono un’infinità in attacco, averne subiti soltanto 18 attesta la completezza di tutti i reparti. Paradossalmente, il discorso per l’Inter può essere simile: l’inizio di stagione è stato catastrofico, ma le reti subite sono ‘appena’ 19. Il vero problema è in attacco: non si possono raccogliere soltanto 22 gol con attaccanti pagati a peso d’oro. Il trauma dell’addio di Eto’o è smaltito, ora Moratti deciderà se rimpolpare la rosa: non urge tanto un finalizzatore, quanto una vera manovra offensiva. Ok il ritorno di Sneijder, ma basterà solo quello?

Profumo di podio: la Lazio è una fortezza, complici gli strabilianti risultati esterni. Non avendo mai perso fuori casa, se migliorasse di fronte al pubblico amico (e iniziasse a vincere gli scontri diretti, autentica croce dei biancocelesti anche la scorsa stagione) avrebbe di che festeggiare. 24 gol fatti (in assenza di Mauri e pseudo-assenza di Cisse), solo 13 subiti (ad una retroguardia già applaudita si è aggiunto uno strepitoso Marchetti). Ma il capolavoro difensivo è dell’Udinese, terza forza del campionato: in 16 partite ha preso 9 gol. Handanovic si conferma tra i migliori portieri del pianeta, e la dirigenza friulana continua a non sbagliare un colpo che sia uno: se esistesse il Pallone d’Oro degli osservatori, le altre squadre non prenderebbero neanche la briga di presentarsi.

Chiudono l’anno in testa Milan e Juventus. La differenza reti premia i rossoneri: hanno perso lo scontro diretto, ma vantano il miglior pacchetto offensivo d’Italia, e di gran lunga (quando ne segni 35, del resto, sei quasi un extraterrestre). Nonostante alcune sbavature clamorose, la retroguardia porta a casa soltanto 16 reti subite, anche se ci può stare un filo d’apprensione per le condizioni di Nesta e Mexes. I bianconeri? Che dire: ecco la differenza tra avere uno stadio di proprietà come in tutti i Paesi calcisticamente più avanzati e non averlo. Lo Juventus Stadium è una gioia per gli occhi, tramuta puntualmente in realtà le fantasie di gioco e di risultati di tecnico, società e tifosi. Essere il direttore sportivo di una squadra così, paradossalmente, può essere molto più difficile che in qualunque altra piazza: come ritoccare una squadra che soltanto sei mesi fa sembrava un ferro vecchio, e oggi invece viaggia sul filo di un incantesimo che nessuno oserebbe spezzare? Al 31 gennaio l’ardua sentenza.

 

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