BARCELLONA INTERVISTA ABIDAL A GQ / MILANO – Ne parla con la saggezza che lo ha portato a vincere la partita più importante della vita: Eric Abidal in un’intervista a GQ racconta la sua battaglia contro il tumore. “Per anni con il Barcellona ho girato per ospedali a visitare gente malata. Ero preparato, sapevo cosa dire e cosa fare. Ho imparato che è una cosa normale, può colpire chiunque”. Abidal racconta la prima frase subito dopo l’intervento al fegato detta dal professor Fuster: “Mi disse caro Eric, ci vediamo a Wembley: io ci vado e tu quella sera ci sarai. Lo sentivo e pensavo: questo è matto”.
La profezia però si è avverata e Eric ha alzato al cielo la Coppa dalle grandi orecchie dopo la finale contro il Manchester United: “Quando Guardiola ha letto la formazione nessuno ha battuto ciglio tranne io. Ho cercato Puyol con lo sguardo e gli ho chiesto “perchè non giochi?” Lui mi ha guardato e ha detto: ora non conto io, quello che conta sei tu. Capisci che capitano che abbiamo? Questo è il Barcellona, la squadra, il gruppo, i compagni vengono prima di tutti”.
Un gruppo fondamentale anche nel lottare contro il turmore: “Non c’è sofferenza a perdere una finale mondiale, nulla di personale almeno, perché si perde e si vince come una squadra. Questa è la mia educazione. Neppure il tumore è una partita solitaria: è un gioco di squadra. Senza l’aiuto della famiglia, della gente comune, degli altri malati e dei compagni, non si vince”.
B.D.S.