Inghilterra, Eriksson e Mancini: “Amici contro”

MANCINI ERIKSSON MANCHESTER CITY LEICESTER / LEICESTER (Inghilterra) – La vita e la carriera prosfessionale di Sven Goran Eriksson e Roberto Mancini sembra voler toccare gli stessi punti, ed oggi i due tecnici si troveranno di fronte in una sfida di FA Cup che vedrà impegnate Leicester e Manchester City. Il ‘Corriere dello Sport’ ha intervistato i due tecnici:

Nove stagioni insieme: cosa vi rimane?

MANCINI: Tanto, tantissimo. Sven non è solo un grande allenatore, è una bravissima persona. Mi ha migliorato.

ERIKSSON: Ah, bei tempi. Prima gli anni alla Samp, grandi. Poi quelli alla Lazio, gran­dissimi: abbiamo vinto tutto, o quasi. Lui era uno straordinario calciatore e si vedeva che sarebbe diventato un ottimo allenatore.

Ripensando a quegli anni, cosa le viene in mente?

M.: Per la mia crescita, Sven è stato impor­tante. Quando è arrivato alla Samp ha porta­to una mentalità calcistica diversa rispetto a quella del tecnico precedente: ho imparato a lavorare in maniera nuova, a prestare mag­giore attenzione all’aspetto tattico.

E.: Che lui da calciatore faceva già l’allena­tore in campo. E come uomo era molto, mol­to leale.

Il ricordo che vorrebbe cancellare?

M.: Nessuno. Anzi, soltanto uno: quando è andato via dalla Lazio.

E.: Una volta, quando allenavo la Samp sta­vo per sostituirlo. Cinque minuti dopo dal campo provvide a toglierlo l’arbitro. Colpa mia: dovevo essere più lesto.

Come si lasciò convincere da Eriksson ad andare alla La­zio? Come riuscì a convince­re Mancini a venire alla La­zio?

M.: La storia alla Samp era alla fine, sia per me che per lui. Dovevo scegliere tra la Lazio e l’Inter. L’Inter, però, tergiversò mentre la Lazio non perse tempo a prendere Sven. La sua presenza fu la mo­tivazione decisiva.

E.: In realtà non fu difficile convincerlo. Do­po la morte di Paolo Mantovani, Roberto era giunto alla conclusione che un ciclo si fosse chiuso, che la Samp sarebbe andata incontro a grosse difficoltà. La Lazio, invece, era già una buona squadra. Le mancava solo il toc­co finale per diventare vincente.

Cosa gli dirà stringendogli la mano?

M.: In realtà, ci siamo già sentiti telefonicamente. Scherzando mi ha detto: manda in campo le riserve. Ma io schiererò quasi tutta la squadra titolare, per noi la Fa Cup è importante.

E.: Gli dirò solo: in bocca al lupo. E poi ci sentiamo quasi tutti i giorni al telefono.

Cosa ha imparato dall’allenatore Eriksson? Cosa ha imparato dal calciatore Mancini?

M.: Da Sven ho appreso tanto, tantissimo, dal punto di vista tattico e dal punto di vista dei comportamenti.

E.: Mi ha spiegato, con il suo impegno, cosa bisogna intendere quando si parla di “un ve­ro professionista”. Roberto amava allenarsi, capire cosa stavamo facendo, esprimere la sua opinione. Allenarlo è stato un piacere e non solo per la qualità tecnica del calciatore.

Un allenatore che assomiglia a Eriksson? Un calciatore che assomiglia a Mancini?

M.: Ogni allenatore ha delle particolarità e non si può dire che Tizio assomigli a Caio. Io so solo che Eriksson ha dato tanto al calcio italiano, ha portato nel nostro paese molte novità. Ma, soprattutto, è una persona perbene.

E.: Forse Beckham, non tanto dal punto di vi­sta tecnico, quanto da quello dei comporta­menti. Ho avuto la fortuna di avere Roberto e David come miei capitani: tutti e due aiu­tavano la squadra in maniera straordinaria, tutti e due bravissimi ragazzi, tutti e due un po’ timidi.

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